NVidia e il costo ecologico dell’AI

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NVidia pubblica il report 2024: emissioni +87% in un anno
Nvidia ha pubblicato, in modo sorprendentemente discreto, il suo report di sostenibilità 2024. Pochi ne hanno parlato, eppure il dato principale è tanto clamoroso quanto preoccupante:
le emissioni totali sono passate da 3,8 milioni di tonnellate di CO₂e a 7,15 milioni.
Un incremento dell’87% in un solo anno.
Un aumento così rapido è sintomo di qualcosa di più grande del successo di un’azienda: è il risultato dell’esplosione globale della produzione di semiconduttori e dell’infrastruttura necessaria per alimentare la crescita senza precedenti dell’intelligenza artificiale.
L’espansione dell’AI sta rimodellando la pressione ambientale globale
Dietro l’accelerazione dell’AI generativa c’è un’intera filiera industriale ad altissima intensità ambientale — e non solo in termini di elettricità consumata dai data center.
1. I semiconduttori richiedono energia su scala “gigawatt”
Gli impianti di produzione (le fabs):
consumano energia pari a intere città,
hanno bisogno di acqua ultrapura in volumi enormi,
generano flussi di reflui industriali difficili da trattare.
Il risultato: impatti ambientali spesso sottostimati, ma molto concreti.
2. Uso intensivo di acqua e produzione di rifiuti pericolosi
La produzione di chip richiede:
milioni di litri di acqua al giorno,
emissioni di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS),
rifiuti chimici pericolosi,
gas industriali fino a 35.000 volte più climalteranti della CO₂.
3. Mega-cluster sempre più grandi
Esempi che dovrebbero far riflettere:
In Corea del Sud è in costruzione un cluster da 10 GW che consumerà 1/7 dell’elettricità nazionale e metà dell’acqua di Seul.
Negli USA, grazie al CHIPS Act, stanno aprendo nuove fabs con impatti rilevanti sulle comunità locali.
4. La futura domanda di energia dei data center
Secondo Sam Altman (OpenAI), entro il 2033 l’AI richiederà 250 GW di data center.
Un valore equivalente all’intera capacità elettrica dell’India — il 19% del fabbisogno mondiale attuale.
E per produrre i chip necessari a questa infrastruttura?
Sarebbero richieste almeno 10 nuove fabbriche di semiconduttori a livello globale, solo per sostenere OpenAI.
Non è solo questione di data center: è l’intera filiera a pesare sul pianeta
È importante chiarire un punto:
l’impronta ecologica dell’AI non è legata solo al consumo elettrico dei data center, come spesso si racconta nei media.
Il vero impatto risiede in:
estrazione di minerali critici,
produzione di beni ad alta intensità energetica,
processi industriali chimicamente complessi,
infrastrutture massive per reti, cooling, logistica e produzione.
A tutto questo si sommano rischi sociali e umani:
esposizione dei lavoratori a sostanze tossiche,
pressioni sindacali e conflitti industriali,
problemi di governance nelle aree di produzione.
La domanda chiave: cosa ci sta offrendo l’AI in cambio?
A fronte di costi ecologici così elevati, è legittimo chiedersi:
il valore generato dall’AI giustifica l’impatto ambientale globale del settore?
Non si tratta di negare l’utilità dell’intelligenza artificiale, ma di valutare il costo–beneficio reale per la società e il pianeta.
L’innovazione tecnologica non può essere separata dalla responsabilità ambientale: serve capire come rendere questo ecosistema sostenibile, trasparente e allineato agli obiettivi climatici.
L’AI non è intrinsecamente “sostenibile” o “insostenibile”: dipende da come viene progettata, prodotta e alimentata.
Il report Nvidia ci offre un segnale forte: l’innovazione senza responsabilità genera impatti nascosti che non possiamo più ignorare.
La domanda non è se l’AI sarà il futuro.
La domanda è: che futuro vogliamo costruire con l’AI?
Christian Sansoni